numeri pazzi
Terapie interrotte: “Il giardino Alda Merini”
Il palazzotto grigio e rosa del Dipartimento di Salute Mentale di Benevento ha un affitto di circa 250.000 euro all’anno. Nel contratto, però, c’è una clausola: la Asl che paga il canone, può trasformare questa cifra in rate per acquistare l’immobile. Una clausola vantaggiosa mai sfruttata. Peccato; se lo avesse fatto, con i diversi milioni di affitto già versati, l’immobile sarebbe suo, per cui l'ingente canone annuale potrebbe essere utilizzato per fare altro...
Il palazzotto sorge in uno dei luoghi più belli di Benevento, il lungofiume Calore, purtroppo trascurato dal Comune per quella difficoltà a percepire “il bello” che caratterizza non solo molti amministratori del Sud, ma un po’ tutti quelli che vivono in una realtà degradata alla quale – per necessità di adattamento - hanno dovuto abituarsi. E anche il palazzotto del Dsm, fino a due anni fa offriva un aspetto squallido. Come si vede nella foto che segue: neanche un fiore ai balconi, le auto disordinatamente parcheggiate davanti all’ingresso bloccandone il passaggio, l’androne a piano terra triste come la sala di aspetto di una stazione.
Compreso nel prezzo di affitto, c’è un anche grande spazio recintato: pure questo, fino a due anni fa inutilizzato, offriva uno spettacolo deprimente a chi si affacciava dai balconi del Dipartimento. Come si vede nelle foto che seguono: terreno incolto, sterpaglia, alberi avvizziti, sedie rotte e immondizia di ogni genere.
Una sede, insomma, poco attraente: soprattutto per persone con disagio psichico che già hanno poca voglia di andarsi a curare. La sede della cura, infatti, è importante da un punto di vista terapeutico perchè deve costituire un’attrazione: per cui l’aspetto estetico non può essere trascurato. Così, considerando anche che migliorare una cosa brutta, spesso non costa molto e offre enormi vantaggi rispetto all’investimento, a giugno del 2009 l’associazione dei familiari “La Rete sociale” lancia un'idea e la responsabile del Centro di Salute Mentale di Benevento, Tina Russo, la fa sua e la porta avanti all'interno del Dsm: recuperare, soprattutto con il verde e con i fiori, l'aspetto estetico del palazzotto e del terreno adiacente, per farne uno spazio oltre che bello anche produttivo per i pazienti.
Così, nasce il progetto del "Giardino Alda Merini". Elaborato in gran parte dallo stesso personale del Dsm, riceve l'approvazione della Regione Campania e il placet immediato dei commissari che all’epoca gestivano la Asl. I fondi utilizzati sono quelli Cipe destinati alle attività riabilitative e di inserimento sociale e lavorativo dei pazienti: sono gli stessi pazienti, infatti, che partecipano ai lavori di costruzione, manutenzi.one e custodia del giardino. Il progetto prevede 2 fasi. La prima, già realizzata, è illustrata dalle immagini che seguono che rivelano quanto l'aspetto sia radicalmente cambiato, grazie ai fiori ai balconi del palazzotto, alla pulizia e alla sistemazione del grande sterrato in diversi “angoli verdi” adibiti a orto, luoghi di incontro all’aperto, spazi ombreggiati da alberi e tettoie, piccolo anfiteatro per gli spettacoli.
Con l'inaugurazione del giardino, a ottobre 2011, dunque, si è conclusa la prima fase, mentre la seconda fase, nel 2012, avrebbe dovuto portare alla chiusura di uno spazio protetto per farne un piccolo bar: questo, infatti, era l'obiettivo del progetto. Cioè, rendere l’iniziativa economicamente produttiva per dare un’occasione di lavoro non solo di tipo “assistenziale” ai pazienti; utilizzare il giardino anche per eventi nei quali coinvolgere la città dando così un contributo importante alla lotta allo stigma imperante in queste zone; realizzare il primo passo per il recupero del lungofiume. Ma nonostante la Regione fin dall’inizio del 2012 abbia stanziato i fondi vincolandoli espressamente “alla continuità” di questo e altri progetti terapeutici ( quali il laboratorio teatrale, la ristorazione, ecc. illustrati in questa pagina “Numeri pazzi”), il direttore generale Michele Rossi insediato ad ottobre 2011 - dal PDL al governo della Regione Campania - ha avocato a sé la spesa e ha tenuto il finanziamento bloccato per mesi: solo la diffida dell’associazione dei familiari a giugno 2012 è riuscita a sbloccarne una parte pari a 208.000 euro. Il resto – circa 500.000 euro per portare avanti tutti i progetti terapeutico-riabilitativi in corso - non è stato ancora erogato. Risultato: la rassegna teatrale 2012 è saltata; il giardino, inutilizzato, non è stato distrutto dal sole e dal maltempo solo perché i pazienti hanno continuato a curarlo nonostante non fossero pagati; il progetto "Cotto e mangiato" non è neanche partito. E anche in questo caso, l'interruzione del progetto riabilitativo ha avuto tra le conseguenze l’aggravamento della patologia di diversi pazienti e la necessità di impegnare ulteriori somme per rimediarvi.