Intervista esclusiva a Settis: “Gli intellettuali imparino a parlare con i cittadini”
“La nostra esistenza dipende dalle decisioni di uomini che disprezziamo, ma il nostro disprezzo non ci ha minimamente protetto dalle loro malefatte” perché “gli osceni palazzinari di cui ci lamentiamo, i comuni annaspanti nella corruzione e i politici imbroglioni sono stati prodotti da noi, sono parte di noi…” Queste parole del premio Nobel per la Letteratura Orhan Pamuk, sono contenute nel libro “Paesaggio, Costituzione, cemento” di Salvatore Settis.
E il nome di Settis è stato suggerito da un altro Nobel, Dario Fo, al presidente della Repubblica Napolitano fra quelli da inserire in un Governo temporaneo di persone autorevoli sul piano morale. Così la proposta di Fo mette il dito sulla piaga descritta da Pamuk: cioè, sull’opportunità di utilizzare il contributo di intellettuali onesti e competenti per migliorare la qualità della politica. Persone, appunto, come Salvatore Settis, archeologo e storico dell'arte di prestigio internazionale, con il quale l’altro ieri a Napoli - in occasione dell'inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ed il conferimento del premio “Francesco Mario Pagano” all’illustre filosofo Remo Bodei - ho voluto parlare non solo del suo ruolo, ma anche di quello degli intellettuali nella società e nella politica... sul quale la sua opinione è alquanto scettica...
- Oggi, i cosiddetti “intellettuali” sono in grado di parlare con la gente e di aiutare i cittadini che vogliono riappropriarsi degli spazi decisionali della politica?
“Purtroppo no, perché gran parte degli intellettuali italiani delle ultime generazioni hanno tradito il proprio ruolo. Allontanandosi progressivamente dalla società e arroccandosi nei propri privilegi, si sono rinchiusi in una torre d’avorio: e senza comprendere le mutazioni in atto, hanno smesso di dialogare con la società o lo hanno fatto scegliendo un registro ironico per prenderne le distanze”.
- Ma lei non pensa che gli intellettuali siano stati a loro volta respinti dalla società: a cominciare dalla politica? Una classe politica mediamente mediocre, miope e ignorante non può che scegliere persone mediocri, miopi e ignoranti, anzichè persone di qualità che non riuscirebbe a gestire e controllare…
“Certamente! La politica che in passato corteggiava gli intellettuali ritenendo la loro presenza utile in Parlamento, con la nuova legge elettorale li ha accantonati, visto che al Parlamento non si è più “eletti” ma “nominati” dai partiti. E questo è uno dei danni maggiori del "Porcellum", ma meno evidenziato. Per esempio, se prima si metteva Claudio Magris nella lista di Trieste perchè le sue qualità intellettuali servivano a raccogliere voti, oggi non serve più, perché tanto vincono i primi tre della lista, scelti, magari, fra coloro che meglio obbediscono alle direttive del partito. Certamente, dunque, la politica ha buttato giù dalla finestra le migliori teste pensanti del nostro Paese le quali, però, non hanno saputo reagire. Tranne poche eccezioni - come appunto, Magris, che ha sempre reagito dicendo la sua - gli intellettuali non hanno saputo trovare collettivamente la voce per farsi ascoltare e si sono ritirati in un angolo”.
- Secondo lei è importante che scienziati, sociologi, urbanisti, economisti, pensatori onesti e capaci rimasti finora inascoltati, siano messi in condizione di aiutare i politici a fare le scelte giuste per il nostro futuro?
“Io penso che gli intellettuali, se vogliono dare un contributo alla società, debbono innanzitutto, imparare a parlare da cittadini spogliandosi degli abiti arroganti dell’intellettuale. Insomma lo scienziato deve portare la propria competenza come altri cittadini portano la loro, senza l’atteggiamento superbo di chi dice “adesso vi spiego io che cosa bisogna fare”: perché chi sa parlare meglio, deve farlo per interpretare la voce dei cittadini, non degli intellettuali”.
- Se qualcuno le chiedesse, in quanto cittadino competente di ricoprire una carica utile per il Paese come membro autorevole di un governo del Presidente, come ministro della Cultura, dell’Ambiente o di qualcosa di analogo, lei accetterebbe?
“Io aspiro solo a continuare a studiare. Il fatto di esprimere sui giornali e in televisione delle opinioni molto nette, non vuole dire che mi sto candidando a un ruolo politico, perchè pur avendo il massimo rispetto per chi fa questo mestiere, non è quello per cui mi sento tagliato. In realtà, il mio vero desiderio non è fare il ministro, ma avere al Governo un Ministro abbastanza intelligente da ascoltare le opinioni dei cittadini, fra le quali, spero, anche la mia. Il dramma dei tre ministri per i Ben Culturali di questa legislatura Bondi, Galan e Ornaghi, è che sono stati ministri incompetenti, ignoranti delle cose di cui hanno parlato e sordi a qualunque suggerimento: così, per la loro incapacità di chiedere consiglio a qualcuno che fosse in grado di darglielo, hanno portato questo Ministero al naufragio”.
- Tornando allora alla capacità degli intellettuali di comunicare : istituzioni come l’Accademia dei Lincei o l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici non potrebbero essere un punto di riferimento sia per gli intellettuali che in qualche modo vogliano essere più vicini alla società, sia l’occasione per sperimentare linguaggi più moderni utili a meglio veicolare concetti e cultura sulla rete, magari anche attraverso i social network?
“Bè, questo andrebbe chiesto non a me, ma al presidente dei Lincei…”
- Ma lei, in quanto accademico dei Lincei, ritiene questa ipotesi da approfondire o del tutto assurda e peregrina?
“Certamente, andrebbe approfondita: e le dirò che l’attuale presidente dei Lincei ha iniziato un processo di apertura in questa direzione. E penso che si potrebbe prendere ad esempio l’Accademia delle Scienze di Berlino, di cui pure sono socio: poiché in genere si diventa accademici a 60 anni dopo avere scritto diversi libri, l’Accademia di Berlino ha creato una “Giovane accademia” cui – con una specie di borsa di studio – vengono chiamati a partecipare dei giovani nominati “temporaneamente accademici”. Oggi l’Italia che ha più accademie di ogni altro paese per ragioni storiche, dovrebbe fare qualcosa di analogo, perché, tranne la più illustre Accademia dei Lincei, le altre stanno vivendo dei periodi molto difficili: per cui se non fanno un’operazione di svecchiamento sono destinate a sparire. Insomma anche qui bisogna avviare lo stesso processo di cui parlavamo prima: più gli accademici sono bravi, più dovrebbero fare lo sforzo di spogliarsi della veste di accademici, ricordandosi che il ruolo del cittadino è molto più importante di quello di intellettuale. E guai a chi pensa il contrario in un’Italia come quella di oggi politicamente spaccata in quattro: dove il quarto polo è quello del non voto, e dove ognuno deve mostrare le proprie competenze da cittadino, senza mettersi a fare la lezione a nessuno… “
- A questo proposito, sembra che tutti vogliano fare la lezione agli eletti del Movimento 5 Stelle tacciandoli di incompetenza. Eppure ho potuto constatare che chi si è avvicinato ai giovani "Grillini" offrendo senza spocchia il proprio bagaglio di esperienze per portare avanti una battaglia comune, ha trovato porte aperte e disponibilità a capire, ascoltare ed approfondire gli argomenti. Lei trova "congruo" dunque - per dirla con le parole di Grillo - il giudizio di incompetenti con il quale sono spesso etichettati?
"Io credo che per quanto incompetenti, sarà difficile che i giovani del Movimento 5 Stelle possano battere su questo piano la maggior parte dei politici che ci hanno governato: i quali non solo erano straordinariamente incompetenti, ma anche profondamente corrotti e schiavi di chi lo ha nominati… !”