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Come nascono i lenzuoli bianchi

E’ una nuvolosa mattina di marzo del 2009, quando un corteo di qualche centinaia di cittadini sfila silenzioso nel centro di Benevento indossando lenzuoli bianchi in segno di protesta: chiedono che l’unico Servizio Psichiatrico di emergenza del Sannio, non venga trasferito dal capoluogo di provincia a Sant’Agata dei Goti, quasi al confine con il Casertano. Anche perché la motivazione del trasferimento è una pretestuosa “riorganizzazione sanitaria” che serve solo a nascondere altri interessi: politici ed economici (le motivazioni del comitato di protesta sono riportate nella pagina Documentazione di questo sito).
Insomma, l’ennesimo pasticcio di malasanità, condito di clientelismo e spreco di denaro pubblico per fornire, alla fine, un “dis-servizio”. A Benevento, infatti, il reparto di pronto soccorso psichiatrico è baricentrico rispetto al territorio e dotato di adeguati collegamenti con strade e mezzi pubblici: trasferirlo in un paese raggiungibile solo in auto dopo un percorso di quasi due ore tutto curve, è una decisione che getta nel panico gli utenti. Insomma, è un’operazione nata per soddisfare chi vuole aprire al più presto un nuovo, inutilmente enorme ospedale a Sant’Agata dei Goti, ma è tecnicamente insostenibile, basata su leggi regionali e su carte che non tornano. Il classico gioco politico delle “3 carte”: che questa volta, però, non riesce grazie anche alla singolarità della protesta organizzata dalla “Rete sociale”, l’associazione di familiari ed amici dei sofferenti psichici. Durante l’assemblea dell’associazione indetta per organizzare la manifestazione, un paziente suggerisce di indossare tutti un segno di riconoscimento ben preciso: un lenzuolo bianco. Così, superata la titubanza iniziale – soprattutto da parte dei sindaci e di qualche personaggio più di spicco che all’inizio si sentiva imbarazzato – tutti partecipano al corteo di protesta con un lenzuolo addosso: dal sindaco di Benevento a quelli dei paesi vicini, ai consiglieri comunali e ai sindacalisti, insieme alle associazioni di volontariato e al personale del Dipartimento di Salute Mentale. 

Il risultato è di grande effetto perché il lenzuolo bianco è un simbolo ricco di suggestioni: evoca le lenzuola dei letti di contenzione e delle camicie di forza; evoca i fantasmi che si agitano nella notte della sofferenza; ricorda le lenzuola appese in Sicilia ai balconi delle case per protestare contro la mafia in questo caso rappresentata dalla casta della politica e della sanità che sfrutta la malattia mentale a proprio vantaggio. Ma soprattutto il risultato si rivela mediaticamente efficace perchè in grado di attirare l’attenzione della stampa più distratta. Nessuno può dire di non avere notato il corteo sfilare nel centro cittadino: i lenzuoli bianchi, infatti, una volta indossati provocano un effetto moltiplicatore: il volume di ogni manifestante si raddoppia e il bianco della stoffa ne triplica l’impatto visivo sul grigio dell’asfalto e sullo sfondo delle case. Le bandiere, poi fanno il resto: tante bandiere, quasi una ogni due manifestanti che ingrandiscono ancora di più come uno zoom il piccolo corteo. Risultato: un corteo di 100 persone fa più effetto di una massa grigia e indistinta di 1.000 manifestanti. Inoltre, chi lo indossa dimostra di avere accettato di annullare le differenze: nessuno è più riconoscibile per “ciò che è” ma solo per ciò “che vuole”. E in questo caso dimostra di volere il rispetto del diritto di ogni persona con disagio psichico ad essere curata adeguatamente, e non come è più comodo e redditizio per chi approfitta del potere di decidere sulla testa dei più deboli. 
Così, il lenzuolo è diventato il segno distintivo di altre proteste; è diventato il titolo del primo blog dell’associazione di Familiari “la Rete sociale”; ed ora è passato ad identificare questo sito de “I lenzuoli bianchi” impostato e scritto come un giornale: proprio per far conoscere a un pubblico più ampio storie, numeri, fatti e misfatti che riguardano (non solo) la salute mentale.

 

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